Introduzione
Con l’entrata in vigore dell’AI Act dell’Unione Europea (Regolamento UE 2024/1689), l’Europa si è posta come pioniere mondiale nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale. È infatti il primo regolamento organico al mondo su questa materia, pensato per garantire un uso etico, sicuro e trasparente dei sistemi di IA.
Una delle aree più dibattute è quella della trasparenza dei contenuti artificiali: in quali casi è obbligatorio informare gli utenti che un testo, un’immagine, un audio o un video sono stati creati o modificati da un sistema di IA?
In questo articolo analizziamo in dettaglio:
- i casi in cui la dichiarazione è obbligatoria,
- le eccezioni previste,
- le tempistiche di applicazione,
- e il ruolo che un’agenzia di soluzioni linguistiche intelligenti come BBLTranslation può avere nell’aiutare le aziende a rispettare le nuove regole.
1. Deepfake e contenuti audiovisivi sintetici
Il primo ambito riguarda i contenuti visivi e sonori generati o manipolati artificialmente.
Secondo l’AI Act, se un’immagine, un video o un audio può indurre in errore lo spettatore, facendogli credere che si tratti di materiale autentico quando non lo è, diventa obbligatorio segnalarne chiaramente la natura artificiale.
Alcuni esempi concreti:
- Un discorso di un politico ricreato digitalmente con voce e immagine.
- Un video pubblicitario con volti generati da IA.
- Un messaggio vocale che imita perfettamente la voce di una persona reale.
In tutti questi casi, la legge richiede che l’utente sia informato al primo contatto con il contenuto, con un’etichetta chiara e facilmente riconoscibile.
2. Testi destinati all’informazione pubblica
Non solo immagini e video: anche i testi scritti rientrano nel campo di applicazione dell’AI Act.
Quando un contenuto generato dall’IA viene diffuso con finalità di informazione pubblica (giornalismo, comunicati ufficiali, report istituzionali), la sua origine artificiale deve essere dichiarata.
Tuttavia, ci sono eccezioni importanti:
- Se il testo viene usato per finalità legittime di ricerca, prevenzione o repressione di reati.
- Se il testo è stato revisionato da un editore umano, con una persona o un ente chiaramente responsabile della pubblicazione.
Questo significa che una redazione giornalistica può usare strumenti di IA, ma deve garantire supervisione e responsabilità editoriale se non vuole incorrere nell’obbligo di disclosure.
3. Chatbot e assistenti virtuali
Un’altra area centrale riguarda le interazioni dirette tra utenti e sistemi di IA.
Se un utente conversa con un chatbot, un assistente vocale o un avatar automatizzato, deve essere messo al corrente che non sta parlando con un essere umano.
L’unica eccezione è quando la natura artificiale della conversazione è ovvia per chiunque.
Ad esempio, se un sito presenta un avatar con la dicitura “Assistente Virtuale”, non serve ribadire continuamente che non è umano.
4. Marcatura leggibile dalle macchine
La trasparenza non si limita al pubblico umano: l’AI Act impone che i contenuti artificiali siano etichettati anche a livello digitale, con metadati leggibili dalle macchine.
Questo serve a consentire il rilevamento automatico da parte di:
- piattaforme social,
- motori di ricerca,
- sistemi di fact-checking.
In altre parole, la legge introduce un doppio livello di trasparenza: per le persone e per gli algoritmi.
5. Tempistiche di applicazione
Il regolamento ha un calendario di applicazione scaglionato:
- 1° agosto 2024 → entrata in vigore generale dell’AI Act.
- 1° agosto 2025 → applicazione specifica per i sistemi di IA di uso generale (GPAI), come i modelli linguistici avanzati.
- 2 agosto 2026 → piena applicazione, con controlli, monitoraggio e sanzioni.
Le sanzioni non sono trascurabili: in Spagna, ad esempio, la normativa nazionale prevede multe fino a 35 milioni di euro o il 7% del fatturato annuo globale.
6. Impatti per aziende e organizzazioni
Le regole di trasparenza hanno impatti diretti sulla comunicazione aziendale e istituzionale.
Alcuni casi concreti:
- Aziende che usano IA per campagne pubblicitarie → devono dichiararlo.
- Istituzioni che pubblicano documenti generati da IA → devono segnalare l’origine artificiale.
- Media che producono articoli con IA → devono valutare se serve disclosure o se l’intervento umano basta a coprire l’eccezione.
7. Perché affidarsi a un’agenzia di soluzioni linguistiche intelligenti
L’AI Act non riguarda solo la tecnologia: è anche questione linguistica, culturale e giuridica.
Con BBLTranslation le aziende possono contare su:
- Traduzioni giuridiche e tecniche di altissima precisione per garantire conformità multilingue.
- Consulenza linguistica strategica, per adattare dichiarazioni di trasparenza e avvisi obbligatori alle diverse sensibilità culturali.
- Controllo terminologico per assicurare che le etichette e i metadati siano coerenti in tutti i mercati.
- Soluzioni integrate: IA + revisione umana, con focus su trasparenza e sicurezza comunicativa.
In un contesto regolamentato, avere un partner che unisce competenze linguistiche, legali e tecnologiche significa evitare rischi legali e rafforzare la reputazione aziendale.
Conclusione
L’AI Act rappresenta un momento storico: l’Europa ha fissato regole chiare e vincolanti sull’uso dell’intelligenza artificiale.
Per quanto riguarda i contenuti, la dichiarazione di origine artificiale è obbligatoria in tre casi principali:
- deepfake e contenuti audiovisivi sintetici,
- testi di interesse pubblico,
- chatbot e interazioni dirette con l’IA.
A questi obblighi si aggiungono la marcatura digitale e un calendario preciso di scadenze.
Le imprese devono quindi attrezzarsi sia sul piano tecnologico che su quello comunicativo. Con BBLTranslation è possibile garantire conformità, trasparenza e fiducia in tutti i mercati.
Avviso di trasparenza
Conforme al Regolamento (UE) 2024/1689 (AI Act), questo contenuto è stato generato con supporto di Intelligenza Artificiale e successivamente revisionato e validato da un editor umano per garantirne accuratezza, coerenza e adeguatezza etica.